Il musicista del futuro - Intervista a Franco Mussida
Il musicista del futuro
L'evento “La voce della Musica” è il titolo della sesta Festa in Musica del CPM Music Institute, tenutasi lo scorso 28 giugno nell'ambito della rassegna “Milano è viva”.
L'edizione 2024 ha festeggiato i 40 anni della scuola e ha visto salire sul palco oltre cento studenti con diversi ensemble corali e strumentali; in programma 13 brani dalla musica popolare al rock, soul, rap e a brani della tradizione cantautorale.
In occasione del 40° anniversario dalla sua fondazione, il CPM Music Institute ha istituito Pionieri della Musica, un riconoscimento per dare merito e visibilità a musicisti e operatori del settore Musicale, che hanno operato negli anni, con ingegno, dedizione e coraggio, portando importanti innovazioni in ambito didattico, professionale e sociale. Tanti i nomi dei premiati nei diversi settori che, durante la serata, hanno ricevuto il riconoscimento l’UOMO DEL SUONO, un'opera realizzata da Franco Mussida:
Vi proponiamo il trailer della serata e l’intervista del Corriere della Sera al nostro Presidente Franco Mussida, pubblicata Domenica 23 giugno 2024 in occasione dell'evento.
Quarant'anni fa nelle scuole pubbliche e nei Conservatori non si insegnavano né jazz né musica popolare
Grazie al lavoro di tanti bravi e coraggiosi musicisti (li considero Pionieri), e quello di poche realtà – il CPM Music Institute ne è stato solido e organizzato capofila – la cultura nazionale ha potuto prendere a bordo una parte determinante della storia della musica, specie quella extra-classica. Da che esistono canto e strumenti, la musica popolare non ha mai smesso di cambiare, di raccontare l'uomo, fare la cronaca del presente, parlare al cuore della gente, spesso i più poveri ed emarginati.
I prossimi quarant'anni saranno molto diversi non solo per chi la musica la fa, ma per l'immensa comunità che la ascolta. L'avvento di una tecnologia che, spinta dall'IA, ci meraviglia sempre di più apre nuovi scenari ma asseconda anche distacco e pigrizia; fa risparmiare danaro ma sottrae tempo all'esperienza diretta. Se si vive un periodo manicheo, divisivo in tutti i settori, lo si deve alle regole imposte dal mercato (quello della musica e dei servizi collegati non è diverso), lasciando alla scuola il compito di dare un senso educativo agli effetti che la tecnologia ha sulla persona.
ll modo con cui i ragazzi si avvicinano ai software musicali sono i soliti. Si inizia proponendo un gioco, magari sul telefonino. Si ride quando la voce diventa simile a quella di Michael Jackson o Freddy Mercury. Ci si compiace se non si è intonati e un software ti intona. Ma quando si esula dal gioco e si produce qualcosa da offrire ad ascoltatori che, ignari, ti prendono per ciò che non sei, allora la questione si fa etica. Se c’è una cosa che in questo tempo si è allargata a dismisura, è la tolleranza tra vero e falso, tra sincerità e menzogna. Ogni giorno Spotify immette oltre 100 mila brani. Occorrerebbe comprendere che il suono emesso da voci e strumenti non si vede, può quindi essere trattato come si vuole. La tecnologia applicata al suono, alla musica, alle performance, a eventi musicali live o in tv, è oggi in grado di far percepire come reali suoni che non lo sono.
Succede solo nella musica
Provate a immaginare di offrire come reale un Gran premio di Formula 1 o una partita di calcio virtuale. Ne nascerebbe un pandemonio. Ci si sta abituando ad accettare verità distorte. La distorsione del vero riguarda anche il significato di tante parole. Siamo abituati a definire «musica» la forma canzone, i generi musicali ricchi di parole e contenuti verbali come il rap e la trap. La musica li contiene, certo, ma è uno sposalizio chiamato sinestesia.
La musica è puro suono, arte non verbale, senza parole
Un linguaggio universale che unisce tutto il mondo. La musica, a prescindere dai generi, fa provare emotivamente tutto senza nominare nulla. Lavora direttamente sulla nostra natura affettiva accendendola. Crea quell’aurora boreale interiore fatta di colori emotivi che conferma, senza se e senza ma, che possediamo una struttura emotiva, un'anima. Mostra e dimostra che, oltre che esseri pensanti intellettualmente e volitivamente evoluti, siamo anche esseri senzienti.
E non dovremmo vergognarcene ma dovremmo aver fiducia di portare a coscienza la nostra realtà emotiva ed affettiva: la musica serve proprio a questo. Davvero vogliamo rinunciarci? Questa visione del reale musicale andrebbe raccontata e insegnata anzitutto ai bambini, visto che la musica è fatta di vibrazioni presenti in natura, della sostanza vitale della realtà.
Viviamo un tempo interessante
Non siamo nel paese dei balocchi, certo, ma neanche nella grotta in cui Polifemo teneva segregato Ulisse. La vita è armonia e !"armonia, anche quella individuale e sociale, è tale se riesce a far convivere gli opposti: il bianco e il nero, il buono e il cattivo, la vita e la morte.
La musica ne è testimone. Fa provare tutto l'arcobaleno dei sentimenti e delle passioni: dolore e sollievo, calma, serenità, fermezza, collera, nostalgie e malinconie. Abbiamo a disposizione uno strumento incredibile per lo svago e il piacere di ragazzi e adulti. Ma abbiamo in mano anche un fantastico strumento in grado di educare il sentire, stabilizzare lo stato d’animo, vincere il caos emotivo, rendere migliore la persona.
A governarlo non possono essere le macchine ma i musicisti di domani che, con sempre maggiore sensibilità e coscienza, impareranno prima a collegare i gesti di arti e laringi alle conseguenze emotive su loro stessi e sugli ascoltatori, poi a governare i modelli virtuali che li emulano.
Va innovata la formazione
Il nostro comparto di ricerca lavora da anni a un modello di formazione musicale integrale per i musicisti, che, oltre ad un uso mirato della tecnologia, comprende sei punti: 1, sperimentare le differenze tra «ascoltare e sentire»; 2, conoscere in dettaglio il funzionamento del codice musicale; 3, far crescere la sensibilità emotiva e immaginativa; 4, dare un nuovo ruolo al silenzio; 5, imparare a lavorare in team; 6, creare un luogo di studio che sappia di casa e bottega. Sarà il lavoro dei prossimi quarant'anni.
Occorrerà aiutare gli ascoltatori a chiedere più qualità sonora. Così come si chiede qualità alimentare, va pretesa trasparenza anche sui prodotti sonori commerciali. Informare sulle qualità del suono, sulla veridicità di performance ed eventi. All'ascolto, un pianoforte virtuale ed uno vero da 220 corde possono somigliarsi, eppure la qualità del suono, la natura vitale delle loro armoniche, ha valori e ruoli diversi.
Entrambi agiscono nello stesso modo sul piano del ricordo, anche emotivo, ma il primo viene assimilalo soprattutto come un'«informazione», un dato, mentre il secondo viene invece assimilato totalmente: è u n'esperienza globale, generativa. Oltre a un fatto di qualità sonora, si pone dunque una questione di sincerità. Si dovrebbe pretenderla, la sincerità. Anche per questo, credo che, per formare i musicisti di domani, occorra fare in modo che, accanto al governo della tecnologia, possano maturare una più lucida conoscenza del dialogo tra musica e natura emotiva ed affettiva. Il musicista non può venir confuso con un bravo tecnico informatico che usa software musicali. Chi studia musica, che voglia performare, insegnare od operare nel sociale, maneggia un potere: la sua sensibilità etica dovrebbe quindi poter crescere, non scomparire.
La tecnologia non è il diavolo e un mondo senza tecnologia non è l'acqua santa
Viviamo un tempo straordinario in cui, seppure accerchiati da conflitti tra elementi opposti e proprio grazie a una tecnologia che pone domande, ricorre - nelle relazioni tra persone, Stati, continenti - una sola, importante parola: «Consapevolezza ». Un preludio di libertà.
© Tratto da “La lettura” – Corriere della Sera – di Severino Colombo